mercoledì 21 aprile 2021

LA MISTERIOSA QUESTIONE DEL LOOK DI DYLAN DOG

E se l’indagatore dell’incubo fosse l’alter ego di un mostro verde?



Leggere divagazioni tra le nuvole di Andrea Cantucci

 

1° look di Dylan Dog dal 1°episodio del 1986 (versione a colori del 2013)

L’abbigliamento di Dylan Dog è oggi il look riconoscibile di una delle maggiori icone del fumetto italiano, fin da quando il personaggio è nato nel 1986. Ma quell’abbinamento tra giacca nera, camicia rossa e pantaloni di jeans, oggi famoso al punto che chi lo indossasse in qualunque manifestazione fumettistica sfoggiando la giusta pettinatura sarebbe subito identificato come cosplayer del personaggio, una decina d’anni prima era un semplice abbigliamento da fumetto che ogni protagonista o comprimario avrebbe potuto indossare senza clamore e che sarebbe stato subito dimenticato, visto che nei fumetti, per tradizione dotati di colori primari fin troppo squillanti, le camicie rosse sono comuni almeno quanto i muri azzurri, le porte verdi o i cieli gialli.

Alfredo Castelli - caricatura che ritrae Tiziano Sclavi

La spiegazione della scelta da parte del suo autore di quel certo abbigliamento, a detta di chi lo conosceva tra gli anni ’70 e ’80, è semplicemente che gli abiti di Dylan erano più o meno quelli che lo stesso Tiziano Sclavi indossava abitualmente. È noto l’aneddoto del collega sceneggiatore Alfredo Castelli, secondo cui, al suo invito di cambiarsi più spesso la camicia che lui credeva essere sempre la stessa, Sclavi rispondeva aprendo la valigia ed esibendo tante camicie rosse tutte uguali, indispensabili al mantenimento del suo look.

1a apparizione di Tiziano Sclavi su Dylan Dog (dal n°10 del 1987)

Quello di Dylan era quindi un look che il futuro autore dell’indagatore dell’incubo aveva adottato già anni prima di creare il suo più famoso personaggio, quanto prima è difficile dirlo, ma che per molti versi poteva già apparire come un tipico look da fumetto, dato l’accostamento di colori primari: rosso, blu e nero. Una domanda forse futile, ma legittima a titolo di pura curiosità, è se quel look sia stato una totale invenzione di Sclavi o se fosse ispirato a qualche immagine, intravista anche solo per un attimo nel corso delle sue letture, in qualche foto mondana, in qualche copertina letteraria, o magari… in qualche vignetta di un fumetto.

Angelo Stano - copertina di un volume di Dylan Dog (1991)

Dato l’abbinamento di colori primari e il mestiere di redattore e autore di fumetti, si potrebbe protendere per quest’ultima ipotesi e, data la predilezione del sommo sceneggiatore dylandoghiano per ciò che è arcano e fantastico, si può azzardare che poteva trattarsi di un fumetto horror o di fantascienza, magari con qualche mostro. Infatti Sclavi ha sempre dichiarato che nelle sue storie lui non si identifica con l’eroe, ma coi mostri.

il mostro Sclavi minaccia Dylan Dog in un'illustrazione di Bruno Brindisi

Potremmo quindi chiederci se per caso, negli anni ’70 del secolo scorso, quelli in cui presumibilmente Sclavi ha iniziato a vestirsi “alla Dylan”, esista uno o più personaggi apparsi in un albo horror o fantascientifico che potrebbero averlo ispirato. Data l’abbondanza di camicie rossastre e di giacche nere nei fumetti, per non parlare dei pantaloni blu, può benissimo essercene stato più di uno e nessuno potrebbe pretendere con certezza d’essere il personaggio ispiratore di quel look, ammesso che esista. Eppure, sfogliando le recenti ristampe degli ormai classici supereroi Marvel, ci si imbatte in un candidato particolarmente calzante…

Copertina del n°167 di The Incredible Hulk (1973)

È un candidato che troviamo in una, e una sola, singola pagina del n°167 di The Incredible Hulk, uscito in origine negli USA nel 1973 e appena ristampato da noi sul n°212 della collana settimanale Super Eroi Classic.

da Hulk n°167, Bruce Banner appena cambiatosi d'abito (1973)

In quella pagina troviamo infatti un dottor Bruce Banner che, in uno dei rari momenti in cui riesce a restare abbastanza calmo da non trasformarsi nel suo alter ego color smeraldo, indossa abiti molto simili, fin nelle pieghe, a quelli del futuro Dylan Dog. Porta una giacca nera che più nera non si può, sopra una camicia rossiccia tendente all’arancio, coi polsini che sbucano fuori dalle maniche della giacca, e dei pantaloni blu.

da Hulk n°167, Bruce Banner con Betty Ross (1973)

Quegli abiti, Bruce Banner li ha appena indossati. Gli sono stati portati da un amico per coprirsi, visto che, come si sa, quando è Hulk se ne va in giro a torso nudo. Il disegnatore Herb Trimpe si è quindi limitato a inventare degli abiti qualunque: una semplice giacca nera, una semplice camicia, dei semplici pantaloni.

da Hulk n°167, Bruce Banner con Betty Ross impazzita (1973)

È stato il colorista, un certo P. Goldberg, ad aggiungerci del suo, colorando i pantaloni con un comune blu e la camicia con un rosso-arancio un po’ meno comune ma non del tutto inedito, poiché anche nel primissimo episodio di Hulk del 1962 Banner sfoggiava una vistosa camicia arancione. Sono colori abbastanza casuali, che nessuno negli anni successivi avrebbe avuto motivi per ricordare o per notare come particolari.

dal n°1 di Hulk 1a serie, Bruce Banner diventa Hulk per la 1a volta (1962)

Inoltre i capelli di Banner, abitualmente castani, sono qui del tutto neri, forse perché il nuovo inchiostratore Jack Abel li ripassò a china imitando la capigliatura di Hulk, che in quel periodo tendeva a essere più spesso nera che verde. Questo dettaglio dei capelli, per giunta spettinati con ciocche scomposte sulla fronte di Banner, accentua ancora di più la somiglianza con il look di Dylan Dog, benché sia noto che l’ispirazione della pettinatura dell’eroe sclaviano è ufficialmente derivata da quella dell’attore Rupert Everett.

da Hulk n°167, Bruce Banner e il dettaglio del polsino (1973)

Le sole, quasi insignificanti, differenze stanno nel fatto che la parte inferiore della camicia di Banner non è fuori dai pantaloni ma dentro (cosa questa che però accade anche in molti disegni di Dylan Dog, soprattutto degli inizi ma non solo, in particolare quando deve infilarsi la pistola alla cintura) e che i polsini della camicia di Banner non sono rivoltati sopra quelli della giacca ma si limitano a sporgere fuori dalle maniche, come si vede in un dettaglio a fondo pagina (cosa che a Dylan Dog accade di rado ma gli può capitare, come nel n°2 disegnato da Trigo, in fondo basta che si dimentichi di rimboccare i polsini dopo essersi infilato la giacca…).

da Hulk n°167, Bruce Banner si trasforma in Hulk (1973)

Nella prima vignetta della pagina seguente, Banner non fa in tempo a godersi il suo nuovo completo che si trasforma in Hulk e, al solito, gli abiti finiscono a brandelli sotto la pressione dei muscoli verdi del mostro.

da Tales to Astonish n°89, i pantaloni viola di Hulk resistono a ogni scontro (1967)

A quel punto Goldberg dev’essersi accorto d’aver fatto una sciocchezza dando ai pantaloni un comune colore blu e, poche vignette dopo, li trasforma magicamente e inspiegabilmente in un bel paio di pantaloni violetti. Anche qui, si tratta di esigenze di look. I pantaloni di Hulk devono essere sempre violetti, per quanto possa apparire strambo o fuori moda, perché ormai il pubblico è abituato a vederli così e, per lo stesso motivo oltre che per questioni di censura, sembrano essere quasi indistruttibili anche nel corso dei più terribili scontri.

dal n°60 di Tales to Astonish (1964), gli abituali abiti di Banner - versione originale e ricolorata oggi

Se quelle poche vignette avessero davvero ispirato il look di Sclavi, l’avremmo scampata bella, perché in tal caso, se il colorista fosse stato meno disattento, avremmo anche potuto rischiare di ritrovarci un Dylan Dog coi pantaloni violetti. Da notare che nelle recenti ristampe della Marvel i colori sono stati ricreati al computer, ma nonostante ciò, a parte gli albi dei primissimi anni ’60 che erano piuttosto mal colorati e che sono stati in buona parte corretti, i colori digitali di solito rispettano quelli originali al punto da mantenerne anche alcuni errori e imprecisioni, come questa dei pantaloni di Banner-Hulk che cambiano improvvisamente di tinta.

da Hulk n°167, Bruce Banner con Betty Ross nella sequenza originale (1973) 

In effetti alla sua primissima apparizione, Bruce Banner, sotto il camice da scienziato, indossava una camicia arancione e dei pantaloni blu. Ma già nella seconda metà della storia, dopo che la prima trasformazione in Hulk aveva letteralmente fatto a pezzi il suo primitivo look, era passato a indossare una camicia bianca e dei pantaloni violetti, che sarebbero diventati il suo abbigliamento abituale, a volte accompagnati da giacche intonate a comporre vistosi completi, decretando così il look definitivo del mostro verde dalle brache viola.

Distruggere il Mostro - Hulk e i Difensori n°39 (1976)

Data la passione di Sclavi per i mostri, niente di più facile che negli anni ’70 ci fosse tra le sue molte letture anche qualche albo di Hulk, anzi per la precisione della collana quattordicinale Hulk e i Difensori, sul cui n°39, pubblicato ai primi di Settembre del 1976, fu tradotta per la prima volta in Italia quella certa storia, il cui titolo italiano, “Distruggere il Mostro”, avrebbe potuto contribuire ad attrarre la sua attenzione.

Copertina di Super Eroi Classic n°212 (13 Aprile 2021)

Anche l’Editoriale Corno, che pubblicava i supereroi Marvel all’epoca, ricreava i colori a imitazione degli albi originali, benché a volte con sfumature approssimative, dato che da oltre oceano arrivavano solo pellicole in bianco e nero. È quindi ovvio che, se avesse letto quella storia, anche nell’edizione italiana Sclavi avrebbe trovato più o meno gli stessi colori dell’originale, che nel caso di quel certo fugace abbigliamento, avrebbero potuto restargli impressi, consapevolmente o inconsciamente, al punto da iniziare a vestirsi in quel modo.

Mostri, romanzo di Tiziano Sclavi - dettaglio della copertina di Max Casalini (1994)


Cosa avrebbe potuto suscitare una simile identificazione, consapevole o meno, con un personaggio di un fumetto? Ovvio, il fatto che si trattava di un mostro, un tipo di creatura con cui Sclavi si sentiva in sintonia.

illustrazione di Angelo Stano che ritrae Tiziano Sclavi (1991)

Sarà un caso, ma in un ritratto di Tiziano Sclavi eseguito da Angelo Stano nel 1991, il creatore di Dylan Dog, smessi gli abiti del suo personaggio, indossa un completo viola con camicia bianca molto simile a quelli tipici di Bruce Banner, e Banner nasconde sempre dentro di sé una creatura diversa e perseguitata, un Hulk che può apparire e scatenarsi in ogni momento, ovvero un ibrido tra Mister Hyde e il mostro di Frankenstein.

Mostri guidati da Dylan Dog - frontespizio di Angelo Stano (1989)

Vestendosi come lui, Sclavi-Dylan esprimerebbe perciò la sua più intima e vera natura, la consapevolezza di aver nascosto anche in sé qualcosa di inadeguato e di mostruoso, rispetto al mondo esteriore più superficiale e convenzionale che ci circonda e che molto spesso ci opprime. Va sempre ricordato che in latino monstrum significava meraviglia, prodigio, cosa mirabile, quindi non qualcosa di necessariamente negativo, ma che così è stato poi spesso bollato dai limitati pregiudizi di chi crede che esista una normalità a cui doversi attenere.

Claudio Villa - dettaglio della copertina di Dylan Dog n°19 (1988)

Solo Sclavi stesso potrebbe confermare o smentire quest’ipotesi, sulle origini di quel certo abbigliamento, che può benissimo anche essere del tutto errata. Ma in tal caso si potrebbe pensare che, come ha sostenuto più volte uno sceneggiatore inglese altrettanto grande di nome Alan Moore, certi racconti particolarmente ispirati, certi mondi fantastici, abbiano il potere di far combaciare le cose anche al di là delle intenzioni originarie dei creatori, facendo verificare insospettabili e inattese coincidenze perfino con storie del passato.

Tipici mostri britannici sulla copertina di Dylan Dog Speciale n°33 (2019)



Andrea Cantucci












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