mercoledì 21 aprile 2021

LA MISTERIOSA QUESTIONE DEL LOOK DI DYLAN DOG

E se l’indagatore dell’incubo fosse l’alter ego di un mostro verde?



Leggere divagazioni tra le nuvole di Andrea Cantucci

 

1° look di Dylan Dog dal 1°episodio del 1986 (versione a colori del 2013)

L’abbigliamento di Dylan Dog è oggi il look riconoscibile di una delle maggiori icone del fumetto italiano, fin da quando il personaggio è nato nel 1986. Ma quell’abbinamento tra giacca nera, camicia rossa e pantaloni di jeans, oggi famoso al punto che chi lo indossasse in qualunque manifestazione fumettistica sfoggiando la giusta pettinatura sarebbe subito identificato come cosplayer del personaggio, una decina d’anni prima era un semplice abbigliamento da fumetto che ogni protagonista o comprimario avrebbe potuto indossare senza clamore e che sarebbe stato subito dimenticato, visto che nei fumetti, per tradizione dotati di colori primari fin troppo squillanti, le camicie rosse sono comuni almeno quanto i muri azzurri, le porte verdi o i cieli gialli.

Alfredo Castelli - caricatura che ritrae Tiziano Sclavi

La spiegazione della scelta da parte del suo autore di quel certo abbigliamento, a detta di chi lo conosceva tra gli anni ’70 e ’80, è semplicemente che gli abiti di Dylan erano più o meno quelli che lo stesso Tiziano Sclavi indossava abitualmente. È noto l’aneddoto del collega sceneggiatore Alfredo Castelli, secondo cui, al suo invito di cambiarsi più spesso la camicia che lui credeva essere sempre la stessa, Sclavi rispondeva aprendo la valigia ed esibendo tante camicie rosse tutte uguali, indispensabili al mantenimento del suo look.

1a apparizione di Tiziano Sclavi su Dylan Dog (dal n°10 del 1987)

Quello di Dylan era quindi un look che il futuro autore dell’indagatore dell’incubo aveva adottato già anni prima di creare il suo più famoso personaggio, quanto prima è difficile dirlo, ma che per molti versi poteva già apparire come un tipico look da fumetto, dato l’accostamento di colori primari: rosso, blu e nero. Una domanda forse futile, ma legittima a titolo di pura curiosità, è se quel look sia stato una totale invenzione di Sclavi o se fosse ispirato a qualche immagine, intravista anche solo per un attimo nel corso delle sue letture, in qualche foto mondana, in qualche copertina letteraria, o magari… in qualche vignetta di un fumetto.

Angelo Stano - copertina di un volume di Dylan Dog (1991)

Dato l’abbinamento di colori primari e il mestiere di redattore e autore di fumetti, si potrebbe protendere per quest’ultima ipotesi e, data la predilezione del sommo sceneggiatore dylandoghiano per ciò che è arcano e fantastico, si può azzardare che poteva trattarsi di un fumetto horror o di fantascienza, magari con qualche mostro. Infatti Sclavi ha sempre dichiarato che nelle sue storie lui non si identifica con l’eroe, ma coi mostri.

il mostro Sclavi minaccia Dylan Dog in un'illustrazione di Bruno Brindisi

Potremmo quindi chiederci se per caso, negli anni ’70 del secolo scorso, quelli in cui presumibilmente Sclavi ha iniziato a vestirsi “alla Dylan”, esista uno o più personaggi apparsi in un albo horror o fantascientifico che potrebbero averlo ispirato. Data l’abbondanza di camicie rossastre e di giacche nere nei fumetti, per non parlare dei pantaloni blu, può benissimo essercene stato più di uno e nessuno potrebbe pretendere con certezza d’essere il personaggio ispiratore di quel look, ammesso che esista. Eppure, sfogliando le recenti ristampe degli ormai classici supereroi Marvel, ci si imbatte in un candidato particolarmente calzante…

Copertina del n°167 di The Incredible Hulk (1973)

È un candidato che troviamo in una, e una sola, singola pagina del n°167 di The Incredible Hulk, uscito in origine negli USA nel 1973 e appena ristampato da noi sul n°212 della collana settimanale Super Eroi Classic.

da Hulk n°167, Bruce Banner appena cambiatosi d'abito (1973)

In quella pagina troviamo infatti un dottor Bruce Banner che, in uno dei rari momenti in cui riesce a restare abbastanza calmo da non trasformarsi nel suo alter ego color smeraldo, indossa abiti molto simili, fin nelle pieghe, a quelli del futuro Dylan Dog. Porta una giacca nera che più nera non si può, sopra una camicia rossiccia tendente all’arancio, coi polsini che sbucano fuori dalle maniche della giacca, e dei pantaloni blu.

da Hulk n°167, Bruce Banner con Betty Ross (1973)

Quegli abiti, Bruce Banner li ha appena indossati. Gli sono stati portati da un amico per coprirsi, visto che, come si sa, quando è Hulk se ne va in giro a torso nudo. Il disegnatore Herb Trimpe si è quindi limitato a inventare degli abiti qualunque: una semplice giacca nera, una semplice camicia, dei semplici pantaloni.

da Hulk n°167, Bruce Banner con Betty Ross impazzita (1973)

È stato il colorista, un certo P. Goldberg, ad aggiungerci del suo, colorando i pantaloni con un comune blu e la camicia con un rosso-arancio un po’ meno comune ma non del tutto inedito, poiché anche nel primissimo episodio di Hulk del 1962 Banner sfoggiava una vistosa camicia arancione. Sono colori abbastanza casuali, che nessuno negli anni successivi avrebbe avuto motivi per ricordare o per notare come particolari.

dal n°1 di Hulk 1a serie, Bruce Banner diventa Hulk per la 1a volta (1962)

Inoltre i capelli di Banner, abitualmente castani, sono qui del tutto neri, forse perché il nuovo inchiostratore Jack Abel li ripassò a china imitando la capigliatura di Hulk, che in quel periodo tendeva a essere più spesso nera che verde. Questo dettaglio dei capelli, per giunta spettinati con ciocche scomposte sulla fronte di Banner, accentua ancora di più la somiglianza con il look di Dylan Dog, benché sia noto che l’ispirazione della pettinatura dell’eroe sclaviano è ufficialmente derivata da quella dell’attore Rupert Everett.

da Hulk n°167, Bruce Banner e il dettaglio del polsino (1973)

Le sole, quasi insignificanti, differenze stanno nel fatto che la parte inferiore della camicia di Banner non è fuori dai pantaloni ma dentro (cosa questa che però accade anche in molti disegni di Dylan Dog, soprattutto degli inizi ma non solo, in particolare quando deve infilarsi la pistola alla cintura) e che i polsini della camicia di Banner non sono rivoltati sopra quelli della giacca ma si limitano a sporgere fuori dalle maniche, come si vede in un dettaglio a fondo pagina (cosa che a Dylan Dog accade di rado ma gli può capitare, come nel n°2 disegnato da Trigo, in fondo basta che si dimentichi di rimboccare i polsini dopo essersi infilato la giacca…).

da Hulk n°167, Bruce Banner si trasforma in Hulk (1973)

Nella prima vignetta della pagina seguente, Banner non fa in tempo a godersi il suo nuovo completo che si trasforma in Hulk e, al solito, gli abiti finiscono a brandelli sotto la pressione dei muscoli verdi del mostro.

da Tales to Astonish n°89, i pantaloni viola di Hulk resistono a ogni scontro (1967)

A quel punto Goldberg dev’essersi accorto d’aver fatto una sciocchezza dando ai pantaloni un comune colore blu e, poche vignette dopo, li trasforma magicamente e inspiegabilmente in un bel paio di pantaloni violetti. Anche qui, si tratta di esigenze di look. I pantaloni di Hulk devono essere sempre violetti, per quanto possa apparire strambo o fuori moda, perché ormai il pubblico è abituato a vederli così e, per lo stesso motivo oltre che per questioni di censura, sembrano essere quasi indistruttibili anche nel corso dei più terribili scontri.

dal n°60 di Tales to Astonish (1964), gli abituali abiti di Banner - versione originale e ricolorata oggi

Se quelle poche vignette avessero davvero ispirato il look di Sclavi, l’avremmo scampata bella, perché in tal caso, se il colorista fosse stato meno disattento, avremmo anche potuto rischiare di ritrovarci un Dylan Dog coi pantaloni violetti. Da notare che nelle recenti ristampe della Marvel i colori sono stati ricreati al computer, ma nonostante ciò, a parte gli albi dei primissimi anni ’60 che erano piuttosto mal colorati e che sono stati in buona parte corretti, i colori digitali di solito rispettano quelli originali al punto da mantenerne anche alcuni errori e imprecisioni, come questa dei pantaloni di Banner-Hulk che cambiano improvvisamente di tinta.

da Hulk n°167, Bruce Banner con Betty Ross nella sequenza originale (1973) 

In effetti alla sua primissima apparizione, Bruce Banner, sotto il camice da scienziato, indossava una camicia arancione e dei pantaloni blu. Ma già nella seconda metà della storia, dopo che la prima trasformazione in Hulk aveva letteralmente fatto a pezzi il suo primitivo look, era passato a indossare una camicia bianca e dei pantaloni violetti, che sarebbero diventati il suo abbigliamento abituale, a volte accompagnati da giacche intonate a comporre vistosi completi, decretando così il look definitivo del mostro verde dalle brache viola.

Distruggere il Mostro - Hulk e i Difensori n°39 (1976)

Data la passione di Sclavi per i mostri, niente di più facile che negli anni ’70 ci fosse tra le sue molte letture anche qualche albo di Hulk, anzi per la precisione della collana quattordicinale Hulk e i Difensori, sul cui n°39, pubblicato ai primi di Settembre del 1976, fu tradotta per la prima volta in Italia quella certa storia, il cui titolo italiano, “Distruggere il Mostro”, avrebbe potuto contribuire ad attrarre la sua attenzione.

Copertina di Super Eroi Classic n°212 (13 Aprile 2021)

Anche l’Editoriale Corno, che pubblicava i supereroi Marvel all’epoca, ricreava i colori a imitazione degli albi originali, benché a volte con sfumature approssimative, dato che da oltre oceano arrivavano solo pellicole in bianco e nero. È quindi ovvio che, se avesse letto quella storia, anche nell’edizione italiana Sclavi avrebbe trovato più o meno gli stessi colori dell’originale, che nel caso di quel certo fugace abbigliamento, avrebbero potuto restargli impressi, consapevolmente o inconsciamente, al punto da iniziare a vestirsi in quel modo.

Mostri, romanzo di Tiziano Sclavi - dettaglio della copertina di Max Casalini (1994)


Cosa avrebbe potuto suscitare una simile identificazione, consapevole o meno, con un personaggio di un fumetto? Ovvio, il fatto che si trattava di un mostro, un tipo di creatura con cui Sclavi si sentiva in sintonia.

illustrazione di Angelo Stano che ritrae Tiziano Sclavi (1991)

Sarà un caso, ma in un ritratto di Tiziano Sclavi eseguito da Angelo Stano nel 1991, il creatore di Dylan Dog, smessi gli abiti del suo personaggio, indossa un completo viola con camicia bianca molto simile a quelli tipici di Bruce Banner, e Banner nasconde sempre dentro di sé una creatura diversa e perseguitata, un Hulk che può apparire e scatenarsi in ogni momento, ovvero un ibrido tra Mister Hyde e il mostro di Frankenstein.

Mostri guidati da Dylan Dog - frontespizio di Angelo Stano (1989)

Vestendosi come lui, Sclavi-Dylan esprimerebbe perciò la sua più intima e vera natura, la consapevolezza di aver nascosto anche in sé qualcosa di inadeguato e di mostruoso, rispetto al mondo esteriore più superficiale e convenzionale che ci circonda e che molto spesso ci opprime. Va sempre ricordato che in latino monstrum significava meraviglia, prodigio, cosa mirabile, quindi non qualcosa di necessariamente negativo, ma che così è stato poi spesso bollato dai limitati pregiudizi di chi crede che esista una normalità a cui doversi attenere.

Claudio Villa - dettaglio della copertina di Dylan Dog n°19 (1988)

Solo Sclavi stesso potrebbe confermare o smentire quest’ipotesi, sulle origini di quel certo abbigliamento, che può benissimo anche essere del tutto errata. Ma in tal caso si potrebbe pensare che, come ha sostenuto più volte uno sceneggiatore inglese altrettanto grande di nome Alan Moore, certi racconti particolarmente ispirati, certi mondi fantastici, abbiano il potere di far combaciare le cose anche al di là delle intenzioni originarie dei creatori, facendo verificare insospettabili e inattese coincidenze perfino con storie del passato.

Tipici mostri britannici sulla copertina di Dylan Dog Speciale n°33 (2019)



Andrea Cantucci












martedì 6 aprile 2021

50 VOLTE IL MIO COMPLEANNO


Una caratteristica che mi ha sempre accompagnato fin da bambino è che tendo a fare tardi e infatti un proverbio che i miei genitori mi ripetevano spesso era: "tu fai sempre come i' Nardi, che da presto fece tardi". La verità è che è una caratteristica del mio DNA e lo posso dimostrare. 50 anni fa, tutti i miei familiari si aspettavano la mia venuta al mondo intorno al 27 Marzo, ma io di nascere non avevo nessuna voglia. 

Probabilmente avevo già intuito come sarebbe andata in seguito per cui non avevo fretta ad iniziare. Il tempo passò fino al 7 Aprile, giorno che tra l'altro, condivido proprio con il Nardi. Fu infatti il 7 Aprile del 1470 che con il fratello Silvestro e un seguito di circa 100 uomini armati, cercò di scatenare una rivolta a Prato. 

Io che, grazie al mio quinto senso e mezzo, cerco la strada 
giusta per festeggiare altri 50 compleanni dopo questo
(foto di mia moglie Daniela Tosetto)


Ma questa è un'altra storia e torniamo al mio 7 aprile. Mia mamma era ormai in ospedale e dopo una visita il dottore di turno decise di farmi nascere, rovinando la mia idea di entrare nel guinness dei primati per la gravidanza più lunga del mondo di quel tempo, record che sarebbe stato comunque battuto nel 2018 dalla cinese che partorì dopo 18 mesi.

Se non altro, non si può dire che mi manca un venerdì, anzi me ne avanzano due.

giovedì 1 aprile 2021

GRANDI COMICI DEI COMICS (II) - BILL WATTERSON, UNO SPONTANEO ARTISTA NON IN VENDITA, Prima parte (1958-1988): Primi tentativi e successi improvvisi di un volitivo ragazzo creativo

Vite e opere dei maestri dell’umorismo disegnato
a cura di Andrea Cantucci
Autoritratto di Bill Watterson con Calvin e Hobbes


Nelle puntate precedenti abbiamo parlato del grande Quino, scomparso lo scorso anno, un autore che dopo nove anni scelse di interrompere la sua più famosa creazione, la striscia di Mafalda, per dedicarsi ad altro.
Ma non è stato l’unico fumettista ad aver privilegiato le proprie esigenze creative, anziché ripetersi all’infinito per ottenere vantaggi economici. Un altro autore 20 anni dopo fece la stessa scelta, smettendo di disegnare la sua striscia a dieci anni esatti dall’esordio, nonostante il successo mondiale riscosso. Stiamo parlando di…



“La mia strip crea deliberatamente due versioni della realtà, senza vincolarsi a nessuna di esse.”

Bill Watterson (da un’intervista su The Comics Journal del Marzo 1989)



“… i lettori erano pronti per la strip nello stesso momento in cui io ero pronto a disegnarla.”

Bill Watterson (dall’introduzione a The Complete Calvin and Hobbes, 2005)



William Boyd Watterson II, detto Bill, nasce a Washington il 5 Luglio 1958. Sei anni dopo si trasferisce coi suoi in Ohio, a Chagrin Falls, in una zona collinare vicina ai boschi. Patito di strisce a fumetti dalla più tenera età, viene incoraggiato su quella strada dai genitori, un avvocato specializzato in brevetti con l’hobby della pittura e una casalinga consigliere comunale. Da bambino sogna di diventare autore di fumetti o astronauta, colleziona i volumi delle strisce di Peanuts di Charles Schulz e ama disegnare dinosauri e piccole storie.

Bill Watterson a 18 anni, sull'annuario scolastico 1976

Al liceo, nell’ambito di un corso di Tedesco inventa la strip ”Raumfahrer Rolf” (Rolf Pilota dello Spazio) e pubblica dei disegni ancora grezzi sul giornalino ”Tiger Times” (Età da Tigri) e sull’annuario scolastico 1976, sulla cui copertina inserisce in mezzo a molte altre cose anche lo stemma della scuola, una testa di tigre.

copertina dell'annuario scolastico 1976

Frequenta poi il Kenyon College di Gambier, sempre in Ohio, dove studia Scienze Politiche e segue anche lezioni di disegno, ma impara a dipingere da solo per non deviare dal percorso di studi pagato dai genitori.

corso di disegno al college (1980)


Qui perfeziona il suo stile, subendo l’influenza del vignettista Jim Borgman, da poco laureatosi nella stessa scuola. Riproduce sul soffitto del dormitorio “La Creazione di Adamo” di Michelangelo e, tra il 1976 e il 1980, pubblica ogni settimana vignette di satira e vita studentesca su The Kenyon Collegian, il giornale del college.

I Compagni.. vignette per The Kenyon Collegian (1980)


Poco prima di laurearsi, nel 1980, spedisce a vari giornali le sue migliori vignette sperando di trovare lavoro e, appena laureato, è assunto in prova per sei mesi dal Cincinnati Post per realizzarne una al giorno in prima pagina. Ma la sua mancanza di familiarità con la politica locale e l’inusuale originalità dei suoi lavori non sono apprezzati dai redattori, né dai lettori. Molti suoi disegni sono rifiutati e viene licenziato dopo un paio di mesi.

la 1a vignetta sul Cincinnati Post (18 Giugno 1980)


Ma è sempre deciso a diventare cartoonist e a lavorare ai fumetti dei quotidiani. Propone progetti di strip alle agenzie, ma il primo, “Spaceman Spiff” (L’Astronauta Spiff, come Rolf una parodia delle space opera alla Star Wars), è rifiutato così come i successivi. Per alcuni anni, lavora quindi in un’agenzia pubblicitaria, ad annunci di prodotti alimentari, e come vignettista freelance, collaborando dal 1981 alla rivista ”Target, trimestrale di disegno politico”, di cui disegna delle copertine in cui imita efficacemente gli stili dei vignettisti che ritrae.

la copertina di Target No.1 (Autunno 1981)


Intanto, nella sua vita privata ha una ragazza, Melissa Richmond, con la quale convola a nozze nel 1983.

la moderna vita di coppia in una vignetta del 1982


Lo stesso anno disegna varie illustrazioni per il ”Mark Twain Journal”, ispirate a frasi del famoso scrittore, e inizia a realizzare molte vignette per i giornali del gruppo Sun di Cleveland, i cui redattori apprezzano la sua vena surreale e provocatoria. Nel frattempo, continua sempre a proporsi alle agenzie dei quotidiani.

ritratto di Twain per il Mark Twain Journal (1983)


Il suo sesto tentativo di strip, ”In the Doghouse” (In Disgrazia), è rifiutato dalla Universal Press Syndicate nel 1983. Ma l’anno dopo lo sottopone alla United Feature Syndicate e l’editor Sarah Gillespie lo incoraggia e gli consiglia di eliminare il ragazzo protagonista e concentrarsi sul fratellino Marvin, che in classe sogna a occhi aperti d’essere astronauta e la cui tigre di pezza Hobbes pare dotata di vita propria (come il Tigro dei libri di Winnie Pooh, ma l’autore dirà di non averci pensato; d’altronde la tigre era anche lo stemma del suo liceo).

strisce di prova della serie In The Doghouse (1983)


Bill rielabora la strip fondendo gli stili delle sue due serie preferite, Peanuts e Pogo, e la intitola al boyscout di sei anni Calvin e alla sua tigre-peluche Hobbes, per lui un vivo compagno di giochi, per gli altri un pupazzo inanimato (i nomi citano quelli del teologo Jean Calvin, o Giovanni Calvino, e del filosofo Thomas Hobbes).

strisce di prova di In The Doghouse con Marvin (1983)


Poi la ripropone alla United, che però pone una condizione per accettarla. Pretendono che a Calvin e Hobbes sia affiancato come protagonista Robotman, un personaggio di cui hanno acquistato i diritti per sfruttarne il merchandising. Watterson rifiuta fermamente tale imposizione. Dichiarerà qualche anno dopo che, se avesse accettato, lo “scopo ultimo sarebbe diventato vendermi, non esprimermi.” Dalla United quindi respingono la strip, ritenendo che com’è non venderebbe, e per un po’ Bill torna alla pubblicità e alle vignette freelance.

versione di prova di Calvin & Hobbes (1984)


Tutto poteva finire lì, ma poi decide di sottoporla anche alla Universal Press, dove la nuova versione viene ora accettata con entusiasmo. L’editor gli suggerisce soltanto che potrebbe voler mostrare gli occhi di Calvin, all’inizio del tutto nascosti sotto i capelli, e lui lo ridisegna con una caratteristica chioma irta e spigolosa.

vignetta di satira politica per il giornale Sun Star (1984)


La prima striscia di “Calvin and Hobbes” esce così su 35 quotidiani il 18 Novembre 1985, seguita dopo sei giorni dalla prima tavola domenicale. La divisa da boyscout è stata accantonata. Calvin la porterà mesi dopo soltanto in una manciata di strisce, ma conserverà sempre l’indole dell’esploratore amante della natura.

Calvin and Hobbes, prima striscia (18 Novembre 1985)


Lo stile non è ancora affinato, la grafica segue l’usuale gabbia a vignette regolari, al disegno manca la cura che acquisterà presto, eppure i contenuti sono già efficacissimi. La strip porta alle estreme conseguenze, aggiornandole, sia le fantasie di Snoopy che la magia dell’infanzia del Barnaby di Crockett Johnson.

Calvin boyscout in una striscia del 1986


Il burrascoso rapporto di Calvin cogli anonimi genitori messi a dura prova dal suo rifiuto di seguire le regole del mondo reale, i dialoghi e scontri con la tigre che incarna il suo lato più libero e saggio, il suo immaginarsi nelle vesti di eroi o mostri per sfuggire una realtà opprimente e noiosa, sono elementi che si amalgamano in un’opera profonda e spassosa al tempo stesso, ambientata in una cittadina rurale simile a Chagrin Falls.

Calvin e Hobbes nella prima tavola domenicale (24 Novembre 1985)


Del resto, il padre di Calvin ha in pratica lo stesso aspetto di Watterson senza i baffi e il carattere di suo padre, la ripida collina da cui spesso Calvin e Hobbes si lanciano in discesa su carretti o slitte ricorda quella che era presso casa sua e le movenze feline di Hobbes sono ispirate a quelle del suo gatto siamese Sprite.

Calvin e Hobbes spericolati in una tavola del 1986


Nella prima strip Calvin interpreta l’esploratore Safari Al, ma undici giorni dopo esordisce il suo alter ego più noto, ripreso dal primo progetto rifiutato all’autore, Spaceman Spiff, eroe spaziale che vede gli ambiti in cui comandano gli adulti come pianeti ostili e la maestra e i genitori come mostri alieni che vogliono torturarlo.

Calvin è l'audace cosmonauta Spiff in una tavola del Dicembre 1985


Dalla settimana seguente compare anche l’unica amica umana di Calvin, la piccola compagna di classe Susie Derkins, oggetto di dispettose e sgradevoli attenzioni da parte sua. Con l’aggiunta cinque mesi dopo della baby-sitter Rosalyn, ennesima figura autoritaria fonte di conflitti, in breve il cast della serie è già completo.

Calvin scontroso con Susie in una striscia del Maggio 1986


Calvin può immaginare di essere un gigante o un dinosauro, come rivalsa dal dover prendere ordini essendo piccolo, oppure pensarsi minuscolo o invisibile per sfuggire a ogni sorveglianza. Tutto ciò che immagina dà forma a realtà alternative a quella dei grandi, che non capiscono bene cosa faccia. Possono solo constatare quelli che per loro sono i disastri che combina, chiedendosi cos’abbia che non vada quel bambino pestifero.

Il gigante Calvin si prende qualche soddisfazione (tavola del Luglio 1986)


Non si potrebbe esprimere più efficacemente il divario tra il mondo dell’infanzia, la cui esigenza principale è solo quella di giocare, divertirsi ed essere felici, e quello dell’età adulta, incentrato soprattutto su una serie di doveri e costrizioni, sul dover fare insomma un sacco di cose che non si avrebbe nessuna voglia di fare.

La lieve riluttanza di Calvin ad andare a scuola


Per il primo anno le reazioni sono limitate. Solo la rivista Editor & Publisher e il giornale The Plain Dealer di Cleveland parlano della strip. Poi, nel 1987 la Andrews McMeel Publishing, l’editrice che possiede l’Universal Press, pubblica il primo volume intitolato semplicemente ”Calvin and Hobbes”, che ne raccoglie le strisce e tavole uscite fino all’agosto 1986, introdotte dal fumettista Garry Trudeau. A sorpresa, il successo è enorme.

Lettura annoiata del proprio autore sul Los Angeles Times (1987)


In breve, i giornali che pubblicano la striscia diventano 250. Bill Watterson, a 28 anni, è il più giovane autore a ricevere il prestigioso premio Reuben, come miglior fumettista del 1986, e gli dedicano diversi articoli e interviste su vari giornali: sul Los Angeles Times, sul Philadelphia Enquirer, sul Dallas Morning News…

Pose artistiche, da un'intervista su Honk! (1987)


Fin dalle sue prime dichiarazioni, come quelle rilasciate alla rivista Honk!, sostiene che i Fumetti dovrebbero essere trattati come una forma d’Arte a tutti gli effetti. Intanto la sua strip inizia a uscire anche all’estero. In Italia appare su Linus dal Novembre 1987, anche se le prime strisce vengono saltate e recuperate in seguito.

Raccolta Linus del Giugno 1996 con disegno primaverile da una tavola del 1987


Per sfruttare tempestivamente l’improvviso successo, l’editor dell’agenzia Lee Salem chiede a Watterson di produrre o delegare la produzione di oggetti collegati alla serie, ma l’autore è contrario a qualunque tipo di sfruttamento commerciale, né vuole che i suoi personaggi possano essere manomessi da altri. Tuttavia il dialogo con l’agenzia per il momento si mantiene su un piano amichevole e, tra il 1987 e il 1988, Watterson accetta di realizzare due calendari di Calvin & Hobbes, che restano tra i rari oggetti ufficiali di merchandising.

Raro calendario di Calvin & Hobbes (1987)


Intanto Calvin continua a opporsi agli adulti e alle loro regole, calandosi nelle vesti di eroici personaggi come il detective privato Tracer Bullet o il supereroe libertario Stupendous Man (Stupendoman) e, andato a ruba il 1° libro, nel 1988 esce il 2°, ”Something Under the Bed is Drooling” (C’è Qualcosa che Sbava Sotto il Letto).

Secondo volume di Calvin & Hobbes (1988)


Strisce e tavole dei primi due volumi, presto esauriti e ristampati, vengono anche riproposte in formato più grande nel libro“The Essential Calvin and Hobbes” , introdotte nientemeno che da Charles Schulz. Sul retro della copertina sono ben riconoscibili gli edifici e le strade di Chagrin Falls, devastati da un gigantesco Calvin.

Strade di Chagrin Falls sul retro di The Essential Calvin and Hobbes (1988)


Grazie a tanto successo, nella tavola del 28 Agosto 1988, Watterson può permettersi una cosa inaudita per i fumetti dei quotidiani. Invece delle solite 3 strisce rimpaginabili a seconda delle esigenze delle varie testate, disegna un’unica grande vignetta percorsa dai suoi personaggi, anche se dovrà ridisegnarla in due formati, orizzontale e verticale. È il primo chiaro segnale della sua insoddisfazione, rispetto alla costrizione nella rigida gabbia grafica delle strip. Inoltre di lì a poco il rapporto col suo editor, finora idilliaco, rischierà di guastarsi…

Tavola innovativa di Calvin & Hobbes del 28 Agosto 1988



(continua nella seconda parte)