martedì 24 novembre 2020

I GRANDI COMICI DEI COMICS (I) - QUINO, UN IMMORTALE UMORISTA UMANISTA, Prima parte (1932-1963): Talenti e angosce precoci di un giovane argentino

Vite e opere dei maestri dell’umorismo disegnato 

a cura di Andrea Cantucci

Sono giorni in cui, per noti e tristi motivi, c'è bisogno di riuscire a sorridere, anche di fronte ad avversità che colpiscono da ogni parte. Sui ceti più deboli “piovono pietre”, si diceva 30 anni fa in un omonimo film di Ken Loach, e oggi è ancora più vero. Vogliamo quindi inaugurare con questo articolo delle note in libertà dedicate ai grandi autori di quei fumetti, strisce e vignette che, anche nei momenti peggiori, possono tirarci un po’ su di morale e la cui lettura è sempre consigliata, oggi che molte loro gag sono anche reperibili su internet. 

E non possiamo che cominciare da un maestro di poesia grafica e impegno civile recentemente scomparso… 
Autoritratto di Quino



“Il mio rapporto con il mondo è di sofferenza perché tutto ciò che vi accade è orrendo.”

Quino


Joaquín Salvador Lavado Tejón nasce in Argentina ai piedi delle Ande e per l’esattezza a Guaymallén, nella provincia di Mendoza, il 17 Luglio 1932, terzo di tre fratelli, da genitori spagnoli emigrati nel 1919 dall’Andalusia e pare gli Andalusi siano noti per il carattere tragico e l’umorismo nero. I suoi sono anticlericali e repubblicani (termine che nella Spagna d’allora indica i progressisti contrapposti ai nazionalisti monarchici e non ha nulla a che fare con i repubblicani statunitensi di oggi), cresce così in un ambiente che l’incoraggia a mettere in discussione ogni forma di autoritarismo e ad analizzare sempre i motivi delle ingiustizie. 

Comica nascita in una vignetta di Quino

Gli è stato dato lo stesso nome dello zio materno Joaquín Tejón, pittore e grafico pubblicitario, e per non confonderli in famiglia lo chiamano prima Joaquincito, poi Joaquino, e infine Quino. Quando ha tre anni, una sera in cui i suoi genitori vanno al cinema, è affidato insieme ai suoi fratelli proprio a questo zio artista che, per divertire i nipoti, si mette a disegnare con loro, trascorrendo in questo modo l’intera serata. Da quel momento il piccolo Quino sente che disegnerà per tutta la vita e scopre così la sua irresistibile vocazione. Soprattutto per un bimbo piccolo, e quindi ancora soggetto a molte restrizioni familiari, il semplice atto di disegnare è infatti uno dei primi e più entusiasmanti spazi di libertà che si possano sperimentare… 
Disegnare come atto di libertà

Dopo le scuole primarie, in cui è studente né bravo né cattivo, ma che lo hanno “veramente angosciato”, nel 1945 muore sua madre e lo stesso anno si iscrive alla Scuola di Belle Arti di Mendoza. Nel 1948 muore suo padre e nel 1949 Joaquín, “stufo di disegnare anfore e gessi”, lascia la scuola d’arte per tentare la carriera del cartoonist, anche perché ha bisogno di lavorare, essendo ora la famiglia mantenuta dal fratello maggiore. 
Disegnare come difesa dal mondo

L’accumularsi nella vita di Quino di questi elementi di angoscia, dovuti a esperienze passate o alla paura del futuro ma sempre provenienti dall’esterno, in cui la scomparsa di entrambi i genitori quand’è ancora ragazzo ha certo una parte, farà sì che i suoi disegni assumano sotto molti aspetti le caratteristiche di una difesa dal mondo, ma anche di un modo personale per evidenziarne e affrontarne gli aspetti negativi più minacciosi, attraverso l’arma di un’ironia surreale che li stravolge, mostrandone i lati ridicoli e quindi ridimensionandoli. 
Il colloquio con l'editore in una tavola di Quino

Poco dopo aver lasciato la scuola d’arte, disegna il suo primo fumetto, ancora dilettantesco, per la pubblicità di un negozio di stoffe, e nel 1951 si trasferisce a Buenos Aires per sottoporre le sue vignette ai giornali e alle riviste della capitale, ma riceve solo rifiuti. Quando, essendo infine rimasto senza soldi, si vede costretto a ritornare a Mendoza, ha anche un ulteriore motivo per sentirsi “angosciato”… deve andare, come tutti i suoi concittadini, a fare il servizio militare. E dato il costante antimilitarismo che poi permeerà tutta la sua futura opera grafica, è probabile che questa per lui non sia stata un’esperienza particolarmente felice… 
Il costante antimilitarismo di Quino

Nell’Argentina di quegli anni, in cui si avvicendano colpi di stato autoritari da parte dell’esercito, il fatto di “essere cresciuto con i militari”, in un clima di paure e auto-censure, è un altro valido motivo per rendere Quino contrario a ogni forma di militarismo… come si potrà vedere già in alcune delle sue vignette giovanili. 
Il pensiero angosciante in Quino

Finito il periodo di leva, nel 1953 ci riprova e torna a Buenos Aires, ma stavolta decide che, se tutti i periodici dell’elenco che ha stilato rifiutassero di nuovo la sua collaborazione, lascerà perdere e si troverà un impiego normale. Mentre si avvicina alla fine della lista, la storia pare ripetersi identica, “ma con più angoscia ancora” da parte sua. Nessun editore sembra interessato. Ma poi, dalla redazione dell’ultima rivista del suo elenco, il settimanale politico “Esto Es”, lo richiamano chiedendogli una pagina fissa di vignette mute su ogni numero. 
La candida antiretorica di Quino

L’uscita della sua prima pagina, il 9 novembre 1954, è “il momento più felice” della sua vita e, per oltre una decina d’anni, il suo lavoro continuerà a essere caratterizzato dall’assenza di parole, adeguandosi in questo allo stile maggiormente diffuso nelle vignette internazionali di allora. È ovvio che, se non ci sono testi, non c’è bisogno di traduzioni o adattamenti e ciò automaticamente rende le immagini universali ovunque… 
La dissacrante fantasia di Quino

Il segno di Quino, agli inizi, è ancora piuttosto acerbo e, per qualche tempo, non sarà ancora in grado di mantenersi con i suoi disegni. Ma fortunatamente in questo periodo ha la possibilità di conoscere anche altri importanti cartoonist e soprattutto di frequentare il disegnatore Di Vito, un professionista di evidente origine italiana a cui sottopone periodicamente il proprio lavoro, ricevendo da lui preziosi consigli e incoraggiamenti. 
La dittatura smascherata da Quino

Già tra le sue vignette dei primi tempi, oltre a semplici gag e nonsense innocui, si cominciano a intravedere pian piano temi e contenuti potenzialmente impegnati o introspettivi che col tempo avranno un peso sempre maggiore nella sua produzione. Dal candore con cui mette in ridicolo ogni retorica e arroganza delle autorità e della cultura ufficiale, esercito e clero compresi, alle fantasie surreali più allusive e vagamente dissacranti, anche se dalla carica satirica ancora appena accennata. Eppure in alcuni casi, con lucidità e sintesi grafica, già smaschera certe ipocrisie della società, come quelle delle dittature militari che si fingono pacifiche, o di un cinico sistema capitalistico in cui il fortunato successo dell’uno comporta i tragici fallimenti di altri. 

La doppia faccia del capitalismo secondo Quino

Nel giro di pochi anni riesce a vivere di collaborazioni varie con importanti riviste a vasta diffusione, tanto che nel 1960 può sposarsi con Alicia Colombo, una ragazza laureata in chimica e nipote di immigrati italiani (non è per nulla strano che il giovane Quino incontri spesso degli italiani, poiché tuttora l’Argentina ha quasi un milione e mezzo di abitanti d’origine italiana, a seguito delle massicce immigrazioni di inizio XX secolo). 

La famiglia della sposa in una vignetta di Quino

Nel 1962 allestisce la sua prima mostra personale in una libreria di Buenos Aires ed è già considerato uno dei migliori disegnatori umoristici argentini quando, nel 1963, pubblica la sua prima raccolta di vignette. Il titolo “Mundo Quino” richiama il documentario italiano “Mondo Cane”, di Gualtiero Jacopetti e altri registi, uscito due anni prima con un grande successo internazionale per l’allora scandalosa violenza esplicita dei contenuti. 

La prima edizione argentina di Mundo Quino (1963)


Anche se con dei toni di gran lunga più leggeri e decisamente più divertenti, molti tra i disegni di Quino sono infatti una reazione alla sua visione pessimistica di un mondo ancora non abbastanza a misura d’uomo, alle sue paure dovute anche all’essere cresciuto in un paese del Sud-America spesso controllato dai militari, sono insomma una pacifica e sottile protesta personale contro le continue angosce di vivere di cui sopra… 
La radicale visione pessimista di Quino


Anche se il suo stile non ha ancora tutta la poetica raffinatezza e meticolosa precisione che l’autore saprà dimostrare in futuro, questo suo primo volume ha un buon successo immediato, è poi ristampato più volte da editori in lingua spagnola e in seguito pubblicato anche in Italia (da Bompiani, nel 1970) e in Germania. 
La strisciante paura di tutto in Quino


L’introduzione è scritta dal collega disegnatore Miguel Brascó che, sempre nel 1963, gli passa un incarico che lui non sente nelle proprie corde. L’agenzia Agnes Publicidad di Buenos Aires vuole “una striscia comica che deve servire come pubblicità ‘mascherata’ a una ditta di elettrodomestici. Protagonista deve essere una tipica famiglia del ceto medio e il personaggio principale deve avere un nome che suoni come Mansfield, così si chiama la ditta.” Soprattutto deve contenere una M seguita da una A, le lettere che ne formano il marchio, e la striscia dovrebbe essere una via di mezzo tra “Blondie” di Chic Young e “Peanuts” di Charles Schulz. 

La versione italiana di Mondo Quino (1970)


Quino, che non ha mai realizzato prima una strip a fumetti, segue diligentemente le istruzioni e imposta le gag di prova su una coppia con due figli, tra cui una bambina di nome “Mafalda”. Ma alla fine il cliente e l’agenzia rifiutano il suo progetto, che quindi viene archiviato dall’autore… almeno per il momento. 

Le ipocrisie familiari e religiose in Quino




(continua nella seconda parte)



NOTA: Le parti del testo che sono tra virgolette, sono tratte da delle interviste a Quino